Crea la tua community, curala e interagisci con lei. E’ una delle tue risorse più importanti! sarà il tuo canale preferenziale anche per divulgare organicamente i tuoi contenuti.

A volte basta una lettera per far sentire la nostra vicinanza.
Come già anticipato nei miei precedenti articoli le situazioni di emergenza e di crisi richiedono sempre degli accorgimenti, delle correzione e degli adattamenti delle nostre strategie.
Questi ultimi due mesi ci hanno messo davanti alla nostra capacità di reagire e di porci davanti agli altri in un momento di grande vulnerabilità collettiva. Così come noi persone ci interessiamo e preoccupiamo dei nostri cari e dei nostri amici, allo stesso modo un’azienda o un professionista si deve preoccupare del team di lavoro, dei consulenti o fornitori e dei clienti.
Bisogna che il CEO dell’azienda prenda carta e penna e faccia sapere come stanno le cose. Basta una lettera.

Possiamo pensare che è la stessa cosa che fanno i capi di stato, non ultima anche The Queen proprio ieri.
Bene a cosa serve dunque la lettera del CEO?
Bhè è molto semplice serve a dare un segnale di empatia a chi ci segue e a chi lavora con noi, serve a raccontargli cosa sta facendo l’azienda per tutelare i suoi dipendenti e come pensa di fare per contribuire alla lotta alla crisi. E infine, ma non meno importante, serve per dare speranza, per dire cosa succederà dopo.
Per scrivere questa comunicazione nel modo corretto basta seguire pochi e semplici passi
- Come prima cosa ricorda il tuo tone of voice. L’azienda deve sempre comunicare utilizzando lo stesso linguaggio e scegliendo le parole e i toni che più rappresentano il suo carattere. Quando il ricevente legge la mail deve riconoscere chi sta parlando. Ma stai attento se i tuoi toni di solito sono forti e coloriti, forse questo è il momento di alleggerirli.
- Ovviamente essendo una lettera del CEO va bene rispettare il tono di voce ma bisogna stare attenti a non sembrare insensibili verso quello che sta succedendo. Ci vuole sempre una certa serietà, alla quale va però aggiunta anche una grande dose di empatia.
- Apri dicendo al tuo interlocutore che speri che stia bene e che sei con lui e sai cosa sta passando… Stiamo vivendo tutti le stesse sensazioni
- Apri la lettera creando un contatto con chi legge, sii empatico fai sapere che sei consapevole di che momento viviamo. Fai un chiaro riferimento alla situazione di crisi e racconta come ne sei stato colpito. Ricorda che ognuno sta facendo la sua parte.
- Racconta di come ti stai occupando del tuo team e delle scelte aziendali che hai fatto per tutelarlo. Sottolinea che lo stai facendo perché tu tieni alla salute di tutti.
- Se le recenti disposizioni di legge toccano anche te e la tua attività sottolinea che il tuo primo scopo è contribuire insieme a tutti iniziando dal rispetto delle leggi.
- Racconta quali piani stai facendo per il futuro e cosa succederà appena il lockdown finirà.
- Racconta che anche se non hai mai vissuto una situazione così “tragica” impiegando tutte le tue forze riuscirai ad uscirne. Rasserena tutti dicendo che torneremo più forti di prima e che quando tutto sarà passato torneremo a vivere una vita piena e attiva.
- Utilizza frasi come: “Spero che voi e i vostri cari siate in salute e al sicuro in questo momento..”; “Stiamo intraprendendo azioni specifiche per proteggere tutti i nostri dipendenti”; Stiamo lavorando per un domani fatto di nuovi progetti, servizi…” “vi voglio ringraziare per il vostro sostegno e la vostra comprensione…”; “con il vostro aiuto, saremo pronti a ripartire ancora più forti di prima e insieme a voi”.
Infine come per ogni buon testo, leggi, rileggi e correggi… e rifallo finché non sei soddisfatto del messaggio che hai scelto di condividere.
Ricordati che ogni messaggio che esce dalla tua azienda porta il tuo nome e i tuoi valori, quindi deve perfetto. In questi momenti di grande incertezza siamo tutti più sensibili, nel bene e nel male.

Questa è stata una sfida, ma non con il progetto in sé ma con me stessa.
Io sono perfezionista, o come direbbe mia sorella che fa la psicologa, un po’ controllina, quindi mai e poi mai avrei pubblicato qualcosa di non perfetto. E invece arriva quel momento in cui devi smettere di avere le mani in mano e devi fare. Così ho deciso di buttarmi. Ho creato il mio format To Do List. Prima ti racconto la mia esperienza poi ti svelo un po’ di storia del podcast. Io non la conoscevo, e tu?
La mia storia
Io mi sono avvicinata la mondo del podcasting prima con la radio, e poi, in un secondo momento, scegliendo proprio programmi direttamente dalle piattaforme di podcast.
Anche se devo dire che faccio molta fatica a trovare cose interessanti, che abbiano ritmo e siano più leggere, sopratutto nel panorama italiano.
La mia passione per questo genere deriva anche dal fatto che sono sempre stata una grande ascoltatrice di radio. Da bambina ascoltavo Radio Deejay perché i miei fratelli ben più grandi di me avevano sempre la radio accesa. Poi crescendo mi faceva da sottofondo durante lo studio o durante le ore da pendolare per andare all’università. Ancora oggi quando lavoro, ma anche quando sono in casa a giocare con i bambini in sottofondo c’è la radio. Da un po’ tempo a questa parte intervallo la radio con i podcast.
E da qualche mese a questa parte mi sono decisa a realizzare il mio podcast. In realtà il format l’ho deciso mentre lo facevo.
Diciamo che l’iter non è stato proprio quello corretto con una progettazione ben studiata nei minimi dettagli, ma ho deciso di buttarmi, anche perché se non l’avessi fatto sarei ancora qui a riflettere su cosa fare, come farlo, come dirlo….
se non fai non sbagli
fatto è meglio che perfetto!
Sapevo che volevo farlo.
Sapevo di cosa volevo parlare.
E mentre pensavo al titolo mi è venuto in mente come strutturarlo, e da lì il titolo.
Sapevo che non doveva essere troppo lungo, perché deve essere una cosa che ascolti di un fiato, magari mentre vai a lavoro o mentre vai a prendere i bambini a scuola, mentre prepari la cena o vai in palestra. Inoltre deve darti delle informazioni, deve darti spunti su cui riflettere e suggerimenti da mettere in pratica, ma non è una lezione di un master, non deve essere “pesante” ed annoiarti, devi riuscirla a seguire facilmente. Stabiliti questi concetti, ho preso il computer alla mano e ho letto suggerimenti ed esperienze di altri professionisti che si approcciavano alla registrazione dei podcast da neofiti, e anche i suggerimenti di professionisti del settore. Infine ho tirato le fila di tutto e ho cercato quale strumentazione fosse migliore per me per partire. E’ ovvio che non essendo esperta e non sapendo come sarebbe andata e quanto sarebbe durata questa avventura non mi sono buttata in acquisti smisurati, ma ho preso il minimo indispensabile.
I miei strumenti del mestiere:

- Microfono Fifne Technology a condensatore cardioide con attacco USB e un cavalletto, piccolo e comodo da posizionare sulla scrivania. Ho scelto un modello a condensatore perchè è più sensibile, e riproduce meglio e più chiaramente i suoni.
- Il filtro antipop, fondamentale per pulire il suono delle p e delle b. Non so se sia fondamentale, ma devo dire che il suono viene molto pulito. Io avrei bisogno di un correttore delle s… ma non esiste!
- Un computer dove registrare e editare il tuo file audio e dei software. Io uso per registrare Adobe Audition e per editare Audacity. La scelta è dipesa principalmente dal fatto che ho avuto pro lei di feeling con Adobe Audition in fase di editing e con Audacity in fase di registrazione. Quindi per ora faccio così: registro da una parte e copio, metto base e suoni e taglio dall’altra.
- Infine per caricare il mio podcast online mi appoggio a Spreaker per ora nella sua versione free, da lì posso automaticamente distribuire ovunque: spotify, Apple podcast, google podcast….
Una volta che mi sono trovata con tutti gli elementi in mano sono partita. Ho trovato il format: liste di sugggerimenti e “procedure”.
Da lì il nome: To do list.
E dopo il logo, di cui ne ho disegnate almeno 20 versioni, non ero mai contenta… e fino all’ultimo sono stata titubante, ma come dicevo prima se aspetto che tutto sia perfetto divento vecchia!
Vi svelo un segreto sul logo: per chi non se ne fosse accorto lo “scarabocchio” è una We una M che satnno ad indicare Web Marketing, tema della raccolta.
Ho buttato giù un piano editoriale aperto perché prevede la possibilità di aggiunte e di “bonus track”. Come canali comprende il podcast, il blog e instagram. Ma mi piacerebbe anche valutare altre strade, nuove strade.
Come ultimo passaggio, ho preso tutti i miei “attrezzi”, e mi sono chiusa nella cabina armadio, unico luogo tranquillo della casa, sopratutto ora che sono tutti in casa… Da lì: uno, due tre porva… e via! si registra!
Ora eccomi qui che vi racconto la mia esperienza, perchè so che molti di voi ci passeranno e avranno bisogno di indicazioni e di spinte motivazionali! Sappi che quando superi il fatto che la tua voce registrata è brutta piena di difetti il resto è tutto in discesa”
Ora finisci di leggere poi segui il link e ascolta tutto, poi fammi sapere!
Cos’è un podcast?
Se ci pensiamo bene l’idea dietro al podcast è quella che c’era già ai tempi delle cassettine quando in America impazzivano per i generi motivazionali, informativi o istruttivi. Oggi non sono più cassettine, ma podcast.
Il temine è nato nel 2004 da un giornalista americano Ben Hammersley che in un suo articolo nel The Guardian si interroga su come potesse essere chiamato il fenomeno di ascoltare i file da iPod.:
“But what to call it? Audioblogging? Podcasting? GuerillaMedia?”
“Ma come possiamo chiamarla? Audioblogging? Podcasting? GuerillaMedia?”.
E da qui nasce il termine podcast.
Come mai questo fenomeno ha preso piede così velocemente?
In America abbiamo un panorama differente e i podcast andarono a sostituire la radio, nacque un canale dove si poteva pubblicare a livello nazionale un determinato programma, che altrimenti non sarebbe stato trasmesso ovunque. In Italia il fenomeno si è mosso diversamente. Inizialmente era una proposta di programmi radio da riascoltare al di fuor della loro trasmissione in diretta, poi arrivarono anche dei programmi indipendenti, svincolati dalle dirette radio. Fino ad un paio di anni fa il panorama dei podcast era costellato principalmente solo dalle radio. Oggi invece è popolato da tantissime proposte e sta vivendo un momento di grande fervore. Anche se come tutti i fenomeni di questo tipo raccoglie un po’ di tutto sia come tematiche che come qualità. E nel calderone mai ci infilo anche io!
Cosa dicono i numeri?

Bene oggi i dati ci raccontano che il fenomeno è in trend positivo anche qui da noi. Le ultime indagini Nielsen ci dicono che ben 12 milioni di italiani hanno ascoltato almeno un podcast nel 2019 (+ 2 milioni rispetto al 2018). I maggiori ascoltatori ( il 68%) sono i giovani tra i 18 e i 24 anni. Da sottolineare anche che il 49% delle persone non ha mai ascoltato un podcast e ha detto anche di non sapere cosa sia.
I dati sostengono questa tipologia di media, quindi non bisogna aspettare troppo. Speriamo solo che questo momento storico non scompigli troppo le carte!